E’ questa la proposta della Lega camuna che vuole rivedere i confini del Parco Regionale dell’Adamello, spostando il limite di tutela a quota 1600 metri sul livello del mare dagli attuali 1250: in pratica un taglio di 25000 ettari sull’attuale estensione di 51000.
Il Parco, istituito nel 1983 è parte della più vasta area protetta delle Alpi e custodisce al suo interno il ghiacciaio più grande d’Italia, insieme a ecosistemi, foreste, fauna alpina, sentieri storici e una biodiversità che va ben oltre la quota dei 1600 metri. Tagliare oltre 25mila ettari — come previsto dalla proposta — non significa solo ridurre un confine sulla carta: vuol dire abbandonare i “nuovi” territori al rischio di speculazioni, cemento e sfruttamento.
Una scorciatoia miope che evita il vero problema
Dietro la scelta di ridurre il Parco si cela una visione corta, priva di strategia. Anziché lavorare per rafforzare l’ente Parco, renderlo autonomo, efficiente e in grado di dialogare davvero con le comunità locali, si sceglie la strada più facile: eliminare vincoli e lasciare spazio agli interessi di chi vede la montagna come una risorsa da consumare, non da custodire.
Ma il futuro della montagna — e della Valle Camonica — non può passare dalla cancellazione della tutela ambientale. Serve invece un Parco rinnovato, capace di creare lavoro vero attraverso il turismo sostenibile, l’agricoltura di qualità, l’educazione ambientale e la valorizzazione del territorio. Serve un Parco che non sia percepito come un ostacolo, ma come un’opportunità.
E fa ancora più scalpore rilevare che tra chi ha elaborato la proposta vi sia Giovan Battista Bernardi, sindaco di Berzo Demo ma soprattutto assessore in comunità montana con la delega alla gestione dell’area protetta: cioè chi è pagato coi fondi pubblici per far funzionare il Parco, in teoria seguendo le linee europee dell’aumento delle aree protette entro il 2030, in realtà lavora per dimezzarlo.
Difendere il Parco è difendere il futuro
Questa proposta di riperimetrazione non è solo un attacco al Parco dell’Adamello: è un segnale pericoloso per tutte le aree protette italiane. In un’epoca in cui il cambiamento climatico e la crisi ecologica impongono nuove responsabilità, non possiamo permetterci di fare passi indietro.
Difendere il Parco vuol dire difendere il futuro delle nostre montagne, la qualità della vita dei residenti, la bellezza dei paesaggi, la salute dei nostri ecosistemi. E soprattutto, significa respingere l’idea che si possa sempre scegliere la scorciatoia — tagliare, svendere, semplificare — al posto di costruire soluzioni condivise, lungimiranti e sostenibili.