Per un’economia europea sostenibile, equa e democratica

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Per l’Unione Europea questa è l’unica strada percorribile

E’ così che termina il Manifesto siglato dalla European Environmental Bureau, “la più grande rete europea di ONG ambientali”, così si legge nella sua biografia su Twitter. Poi subito dopo c’è scritto “Lavoriamo per un futuro migliore in cui le persone e la natura prosperano insieme” e difatti gli obiettivi del Manifesto sono pochi, chiari e alquanto taglienti: una giusta transizione sociale e di genere, la necessità di un cambiamento climatico non troppo lontano e un non-ritorno all’austerità.

In una e-mail inoltrata, in cui viene allegato il Manifesto, Katharina Wiese, policy officer per la transizione economica della European Environmental Bureau, spiega che firmarlo, e aderire quindi a questa importante richiesta, dimostrerebbe ai massimi funzionari europei la forte necessità di una riforma che, come dice lei, “possa spianare la strada per una transizione giusta, per un cambiamento climatico e che possa evitare l’austerità.”

Qui di seguito il testo originale del Manifesto.

“Siamo organizzazioni della società civile, think-thanks e organizzazioni sindacali supportati da accademici provenienti da tutta l’Unione Europea.

Ci siamo uniti per richiedere un’indispensabile riforma delle regole di bilancio dell’Unione Europea.

L’obiettivo della politica economica europea non può essere la semplice riduzione del debito. L’economia ha bisogno di ridurre le disuguaglianze socio-economiche, intergenerazionali e di genere, ha bisogno di conseguire i diritti sociali e proteggere il clima e l’ambiente. Il quadro fiscale dell’Unione Europea dovrebbe supportare pienamente una transizione e una sistemica trasformazione delle nostre economie e delle nostre società e mantenere il surriscaldamento globale sotto 1.5°C.

Il trattato di Maastricht, siglato nel 1992, e i cambiamenti legislativi conseguenti alla crisi finanziaria globale, hanno generato stretti limiti fiscali che hanno posto un tetto al debito pubblico degli Stati membri. Dal momento che un coordinamento delle politiche fiscali è necessario in un unione monetaria, queste regole, con le nuove sfide con cui si interfaccia l’Europa, non si adattano più all’obiettivo iniziale.

In primo luogo, queste regole impongono limitazioni permanenti sulla spesa pubblica, da cui ne consegue un deterioramento dell’occupazione e degli investimenti. In molti paesi il tasso di disoccupazione, specialmente quello giovanile, rimane al di sotto di un livello inaccettabile.

In secondo luogo, tali regole non riescono a garantire una transizione equa nello sforzo richiesto per adattarci e mitigare cambiamenti climatici. Secondo una stima recente della Commissione Europea il divario annuale di investimenti ecologici ammonta a 520 miliardi di euro. Per colmare tale gap, sarebbe necessario un consistente finanziamento pubblico. L’imposizione arbitraria di limiti fiscali rende quest’obiettivo irraggiungibile.

Un ritorno alle regole di bilancio dell’Unione Europea – sospese durante la crisi legata al Covid-19 – si tradurrebbe in tagli drastici alle spese pubbliche nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea.

Un nuovo rigore comprometterebbe la ripresa dalle conseguenze socio-economiche portate dalla pandemia e annienterebbe i progressi realizzati grazie all’impianto di Recupero e di Resistenza. Tale rigore rafforzerebbe inoltre le disuguaglianze sociali e corroderebbe la fiducia che i cittadini ripongono nell’Unione Europea lasciando inoltre moltissime persone e moltissimi governi senza risorse sufficienti per impegnarsi nella transizione equa e sostenibile, finendo per intaccare la coesione e la convergenza che c’è tra gli Stati membri.

Ed è per queste ragioni che chiediamo una profonda riforma del quadro della governance economica, per assicurare che le nuove regole di bilancio siano coerenti con le norme concordate dall’UE e con gli obiettivi ambientali e climatici. La qualità delle spese è essenziale: il denaro dei cittadini deve essere ben speso e deve soddisfare le finalità democraticamente definite.

Chiediamo inoltre una trasformazione socio-economica del nostro modello economico, sottolinenando la necessità di un considerevole aumento dell’investimento pubblico nonché una governance economica sostenuta dal pilastro europeo dei diritti sociali, che abbia un’accentuata dimensione sociale.

Chiediamo infine anche un nuovo approccio per garantire agli Stati membri la sostenibilità del debito. Le riforme devono tenere conto dei contesti nazionali, della necessità di evitare un’austerità controproducente, della convergenza delle economie europee e dell’accumulo di rischi di bilancio.

I rischi di bilancio legati al clima – ovvero l’impatto che un investimento insufficiente nel contenimento e nell’adattamento ai cambiamenti climatici avrà sui bilanci pubblici – devono far parte delle analisi di sostenibilità del debito specifico per paese.

Per innescare e orientare gli investimenti privati saranno indispensabili misure normative e amministrative, oltre a nuove tassazioni nonché finanziamenti aggiuntivi.

In conclusione è fondamentale che i Governi si prendano la responsabilità di indirizzare le loro politiche verso una transizione socialmente equa e sostenibile. Per l’Unione Europea questa è l’unica strada percorribile.

Il manifesto termina qui.

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