Ho partecipato al primo  dei tre incontri organizzati dalla Federazione Internazionale Amici della Natura  e sovvenzionato dalla commissione Europea nell’ambito del programma Erasmo+ sul tema “Rendere le attività all’aperto fruibili per persone portatrici di disabilità”.

Inizio  questa mia riflessione  dal mio intervento a fine sezione, prima dei saluti finali: “Grazie a tutti per questa opportunità, per quest’esperienza utile anche per la mia attività professionale. Quello che porto a casa con maggiore spessore è l’impegno di prendermi il tempo per le persone quindi mi prendo il tempo lento di ascolto per restituire inclusione che è quello che io ho trovato qui” Vienna per me è stato un entrare dentro la disabilità vissuta in prima persona, la non conoscenza della lingua (barriera) quindi ho sperimentato quanto sia necessario l’aiuto (Facilitatore). Grazie a Cristina e Silvia per tutto il supporto dato. La cosa più difficile è chiudere aiuto, non è scontato perché non è facile mettersi a nudo oltre quanto è già visibile. È un aspetto culturale.

Nello stesso tempo bisogna avere la giusta distanza tra l’offrirsi come aiuto e lasciare all’altro il tempo di chiedere il nostro supporto; è quindi estremamente importante il nostro modo di porci con l’altro , il chiedere se necessita di aiuto e di quale tipo di supporto abbia effettivamente bisogno. Magari l’aiuto è solo una presenza discreta, il saper rimanere al fianco ed intervenire solo nel reale bisogno e sempre con il suo consenso. È superare la cultura dell’assistenzialismo del “poverino faccio io”.

Qui sta l’anima dell’inclusione, così di moda oggi, questo riconoscerti, restituire la tua autodeterminazione perché tu possa essere cittadino al mio pari.

Di queste riflessioni  sono molto grato a  Mahendra (non vedente) della Federazione austriaca dei ciechi e ipovedenti.(BSVO ) e della sua assistente personale Doris e di Isabella su sedia a rotella e ipovedente con assistente personale Bianca.

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Questo mio resoconto del Workshop di Vienna  di sabato 28 e domenica 29 Aprile nasce in questa dimensione del tempo lento, nello scrivere riporto alla memoria le persone prima e i concetti poi.

Oltre agli organizzatori di NFI (Katrin e David e Peter) sono presenti le rappresentanze nazionali che compongono la  federazione Naturefriends :

Il GIAN con Cristina, Silvia e Antonio, gli amici della natura della Repubblica Ceca; della Romania , e del Belgio, e un rappresentante della federazione multisport Fiamminga;

Sono rappresentati anche la Federazione austriaca delle persone disabili (OZIV) con Isabella su sedia a rotella e ipovedente con assistente personale; la Federazione austriaca dei ciechi e ipovedenti.(BSVO ) con Mahendra (non vedente) e accompagnatore. La loro presenza è stata l’anima di tutto l’incontro. La mattinata del sabato è condotta da Katrin e David , grazie alla presenza  di esperti delle organizzazioni disabili e ciechi e ipovedenti che hanno fornito gli input necessari  a sviluppare la riflessione su come organizzare e rendere accessibili ai disabili le attività all’aperto.

Aspetto questo che secondo il mio punto di vista andrebbe replicato nelle sezioni GIAN al fine di veicolare una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione.

Accessibilità all’aperto, a prima vista possiamo pensare che l’accessibilità interessi solo persone non vedenti o su sedie a rotelle, ma l’accessibilità coinvolge un numero maggiore di persone  o di categorie, basti pensare ad anziani e alla loro ridotta mobilità motoria; donne incinte o famiglie con bambini piccoli. Infatti dovremmo mettere ogni persona con i suoi bisogni,  limiti e potenzialità, al centro del sistema e per fare questo dovremmo riflettere sul concetto di accessibilità, ossia l’assenza di barriere architettoniche, culturali e sensoriali.

È anche vero che un ambiente naturale è difficile per oggettive ragioni, ma è con semplici misure, rispettose dell’ambiente naturale che possiamo consentire alle persone di usufruire del territorio perché è doveroso riconoscer il  diritto di partecipare alle attività all’aperto. Possiamo strutturare l’ambiente, le case GIAN in modo da facilitare un’esperienza arricchente per tutti, per persone con e senza disabilità, dare opportunità di utilizzare il nostro circuito, le attività che saranno pensate anche in ottica di

“OUTDOOP EXPERIENCWS FOR EVERYONE” all’aperto esperienze per tutti.

 

Le attività del workshop  si sono svolte in un bellissimo parco naturale Il Parco Nazionale Donauauen che si sviluppa tra Vienna e Bratislava. La parte  teorica, di riflessione si è svolta  presso i locali della sede del parco mentre  quelle pratiche all’aperto attraverso il parco lungo il Danubio in  un ambiente naturale con un intreccio di boschi e radure erbose, che ne caratterizza il paesaggio.

Nelle riflessioni Mahendra pone l’accento sulla necessità per lui  in quanto non vedente  di quanto sia importante il come  viene guidato, ed è questo un aspetto estremamente personale, come lo è il tipo di presa che costruisce la qualità della relazione importante tra utente e la guida.

Mahendra definisce la sua preferenza.  Vuole essere lui a toccare il braccio della guida, così facendo  riesce a percepire se ci sono dei gradini o dei dislivelli, è la sua specificità, altri  utenti hanno altre preferenze, l’intervento quindi è personalizzato.

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Quando ci troviamo con persone  non vedenti dobbiamo prima di tutto tenere conto che abbiamo di fronte una persona il cui  limite sensoriale è di non vedere ma le altre capacità sono tutte presenti e sono anche maggiormente potenziate; percepiscono molte più cose di noi quali: gli odori, i suoni, le forme, ecc. quindi è importante che non ci sostituiamo, limitiamoci ad  illustrare ciò che sta loro davanti: è importante informarli su ostacoli immediati e su opportunità presenti nell’ambiente affinché sia lui il protagonista. Le informazioni  che diamo devono essere le più accurate possibili, noi siamo i loro  occhi. Quindi ti descrivo l’ambiente, dove ci troviamo  se ci sono ostacoli e dove sono: davanti, a destra o a sinistra  eventualmente a  quale altezza si trovano. Se siamo in ambiente aperto, naturale, questo aiuto facilita l’esperienza all’aperto  è il tema del nostro Workshop.

Siamo in un bosco o radura, ti descrivo l’ambiente, il suolo: se è privo o meno di ostacoli, ti guido secondo le tue esigenze, mi metto al tuo fianco affinché tu possa essere protagonista della tua esperienza.  Ad es. “Di fronte abbiamo delle fronde di pino, sono  all’altezza del tuo viso, se preferisci ti guido la mano verso la fronda cosi sai come comportarti. Se ci troviamo attorno ad un tavolo, dobbiamo illustrare cosa c’è davanti e com’è, quali sono gli oggetti presenti sul tavolo e come sono disposti. In questo modo la persona può esercitare il suo diritto di autodeterminazione, la scelta appartiene alla persona. Educhiamo gli altri quando siamo ad esempio al bar a rivolgersi direttamente alla persona, chiedere a lui e non alla sua guida cosa ha bisogno.

La persona deve si deve  sedere: In questo caso  è utile guidare la sua mano a toccare la spalliera o il bracciolo della sedia piuttosto che dir loro che hanno la sedia davanti.

Quando siamo in  un gruppo, avere l’accortezza di dire sempre il proprio nome prima di prendere la parola, ciò permette ad un non vedente di memorizzare nome e relativo timbro di voce e cosi può riconoscere in seguito, dalla voce  le varie persone nei vari interventi.

La seconda parte, quella pratica, è stato un metterci  in situazione per sperimentare in pratica i preziosi suggerimenti ricevuti.

Indossate le opportune  mascherine, mi sono ritrovato  nel buio più completo in compagnia della difficoltà linguistica, la sensazione di smarrimento e disorientamento è totale, difficile riportare alla memoria la topografia dell’ambiente ma più difficile risulta decodificare le indicazioni. Non conosco la lingua, è la mia disabilità dichiarata, mi trovo a dover chiedere pubblicamente aiuto per la traduzione e non è stato per niente facile, ma mi aiuta a capire, immagino cosa possa provare una persona in una situazione di dipendenza totale, quanto siano importanti le informazioni, e che siano il più precise possibile, l’approccio di chi ti viene in aiuto, il contatto fisico che  veicola molte più informazioni che possono metterci a nostro agio o a disagio. Percepiamo maggiormente lo stato d’animo di dell’altro, il  tono di voce racconta  il nostro modo di essere, il come ci approcciamo avvicina, facilita l’istaurarsi di una relazione.

Grazie a Cristina ho compreso il compito “Uscire dalla stanza “

Un breve respiro, per prendere  contatto con me  stesso,  sperimenti in breve quanto siano più reattivi gli altri sensi, riscopri il senso di orientamento e non hai bisogno del navigatore.

Più agevole è il muoversi nel buio, è sufficiente una buona  concentrazione, recuperare dalla memoria l’esperienza di quando da bambino, giocando facevamo il giro su noi stessi  a occhi chiusi e non avere più nessun riferimento, questo fa da esperienza , aiuta cosi a non perdersi d’animo, si recupera nella mente la mappa topografica della stanza,  bisogna concentrarsi sul punto di partenza, la forma della stanza, ci si muove , prima barcollando nello spazio senza riferimenti, poi urti qualcosa, cominci lentamente a ricostruire  la disposizione delle sedie, qui era seduta Cristina, la prossima è quella di Katrin e via cosi. Lentamente prendi confidenza con l’ambiente, è meno ostile;  ecco la porta, la riconosci perché avverti il varco ma anche perché senti un cambio di pressione e di temperatura ed infine il muro esterno ti fa da guida, fino ad individuare  la posizione delle scale. Sei arrivato.

Accogli l’aiuto offerto, ti affidi  e ti lasci guidare, fino a giungere alla balaustra, il racconto della guida  dà forma a quello che senti con gli arti ,lo spazio non è più vuoto, apprezzi la vicinanza della guida che ne diviene il tuo completamento nel muoversi in autonomia, nell’esplorare il pianerottolo. Cambio di setting.  Ora l’aiuto è un bastone, il facilitatore legge per te il terreno/pavimento che c’è davanti a te, aiuta a  individuare i dislivelli, gli ostacoli, le asperità ed eventuali gradini, per  muovermi con maggiore autonomia  uso anche  le mani, sono la mia certezza , seguo il muro mi dà sicurezza, protezione.

Anche se è  pur sempre una simulazione, rende bene la situazione, le difficoltà con le quali una persona non vedente deve fare i conti quotidianamente. È   stata breve come esperienza, ma la sensazione di  essere in balia degli eventi è totalizzante , cerchi riferimenti rassicuranti, ti avvicini a voci “amiche” che colmano il tuo vuoto. Nuova ambientazione, ora  ad ognuno di noi viene chiesto di farsi  guidare da un compagno. È  sperimentare il senso di affidarsi completamente alla propria guida: il rapporto è di totale fiducia e non può essere altro.

Si ribalta la situazione, adesso tocca a me fare da guida … sento tutta  la responsabilità di quel compito, sento l’altro che timidamente si affida, restituisco accoglienza , la presa è più salda, sento il   suo  benessere, cerco di  dare ad ogni passo la giusta cadenza,rinforzo la presenza rassicurante, ogni passo è dosato con attenzione cerco l’intesa nel ritmo  del suo passo, non posso sottovalutare nessun ostacolo, anche il più impercettibile no deve essere lasciato al caso, sento la fatica la responsabilità di fare la guida, ho ammirazione per la professionalità di Doris, la guida di Mahendra.

Rimane immedesimarsi nella visione di chi è affetto dalle varie patologie visive,  via la mascherina, ecco dalla valigetta di Doris, è lei la rappresentante  Federazione austriaca dei ciechi e ipovedenti.(BSVO ),  comparire gli  occhiali che  riproducono le varie tipologie di vedute tipiche di un ipovedente, indossati per avere una vaga sensazione di come possa essere percepito l’ambiente e la loro difficoltà in tutto, costa fatica, bisogna prestare  attenzione, ad ogni passo varia la profondità, la visione laterale è persa, i contorni sono difficili da definire da vicino come da lontano, il mondo va vissuto al rallentatore.

Poi  nel bosco, sotto la guida sapiente di David, esperto di biodiversità e educazione ambientale, che spiega e ci stimola a cogliere l’essenza della natura utilizzando il tatto, l’olfatto,  cosi la pianta restituisce altro che il solo visibile porta sullo sfondo. E subito alla mente le opportunità perse, quante volte in passeggiata nella natura sono stato superficiale, mi sono accontentato del visibile, dimenticandomi dei sapori, delle consistenze della natura, dei suoi rumori e suoni. Li nel silenzio/buio recuperi l’altra dimensione del vivere lento, rapporto con la natura entità viva.

L’escursione nel parco:   Mahendra e Doris ci hanno guidato a cogliere  come un non-vedente può apprezzare l’ambiente e in particolare un ambiente difficile come un bosco. Siamo stati invitati a dare attenzione agli altri sensi per scoprire come l’uso dei sensi aiuti un non vedente  a godersi il bosco a 360 gradi. L’udito, il  tatto, l’odorato e perfino il gusto sono  fonte di informazioni che noi usiamo in forma minore perché abbiamo privilegiato  la  solo vista come fonte d’informazione.

Il Programma prevedeva mettersi in situazione: così, rimesse mascherine e/o occhiali  mi sono ri-immerso nella dimensione “buio”, ho toccato le cortecce degli alberi gli spessori, ruvidità, hanno altra consistenza , percepito i contorni delle foglie scoperto quei particolari che alla vista sfuggono ma che il tatto coglie, passato sulle labbra per apprezzarne le proprietà nascoste, ho apprezzato il sapore / odore di varie specie di fiori, assaggiato qualche pianticella. Un’altra dimensione da dare alle varie giornate delle erbe e fiori che alcune nostre sezione organizzano, il pensiero corre a Saviore dell’Adamello, al Baldo. Si può fare.

 

Ora tocca il lavoro  con Isabella, a guidarci ora è Peter,nell’approccio con la disabilità fisica, la carrozzina. Il programma prevede provare a turno ad usare una sedia a rotelle. Per me nessun problema, è l’ambito che conosco bene,  ho lavorato per anni con disabili motori. Quando il programma  ha previsto sperimentarsi nello spostarsi in sedia a rotelle su varie superfici, ho richiamato alla mente tutte le informazioni , suggerimenti e  trucchi che l’utenza mi ha insegnato in quegli anni, nessun problema, sul  pavimento è  facile, ero tentato a riprodurre l’evoluzione di viaggiare sulle due ruote, ahimè, abilità persa.   L’acciottolato è impegnativo, si ma il trucco c’,è mantenere una  velocità costante, altrimenti si può rimanere bloccati dalle varie asperità dovute all’irregolarità del terreno, nell’erba  il “carrozzina cros”  è sicuramente il più difficile, soprattutto per le carrozzine pesanti, alto è il rischio  di rimanere a terra, qui serve l’aiuto. Che dire dell’asfalto, siamo in pista di formula uno fino a quando rimaniamo in piano, ma la salita è faticosa per tutti , si uniscono le forze, l’accompagnatore è il motore ausiliario, insieme si superano salite e discese. La discesa il motore ausiliario della salita diventa il motore che rallenta. Ho ritrovato quella sensazione del fare insieme, tutto è possibile, le barriere architettoniche sono la brutta bestia, ma si possono abbattere. Infatti chi si ferma è perduto è così che una piccola cosa diventare un ostacolo insormontabile.

Gli organizzatori del Workshop, Peter in particolare; ci ha guidato nel cogliere le difficoltà  che ha  una persona in carrozzina  nell’usare  il bagno anche se attrezzato, l’importanza delle misure e degli spazi perché per un semplice avvicinamento ad un WC siano necessarie innumerevoli manovre. L’importanza delle grandi maniglie ai lati del WC facilita la persona ad un uso autonomo, per noi ha provato Silvia. Grande!!!

La banalità della cordicella del  campanello di emergenza deve avere un filo che arriva quasi fino a terra per dare la possibilità in caso di  caduta tutto deve tenere conto della persona.  La passeggiata  nel parco con Isabella e Peter: in molti abbiamo usato la  carrozzina. Agevole il percorso, non c’erano molti ostacoli, è stato un passeggiare in sintonia condiviso fatiche e prospettive di vista .

L’attività di domenica:  divisi per nazione abbiamo predisposto un progetto di massima come pensare e strutturare un’attività all’aperto nei nostri territori. Ambientazione una giornata a Saviore dell’Adamello per tutti. La guida il manuale OUTDOOP EXPERIENCWS FOR EVERYONE” All’aperto esperienze per tutti. Abbiamo terminato la sezione condividendo  le esperienze vissute il giorno precedente e i progetti, affinché al ritorno a casa ognuno avesse con se il patrimonio esperienziale di tutti per arricchire la propria federazione.

Rendere fruibile le attività all’aperto a persone portatrice di disabilità fisica e sensoriale, nel circuito GIAN è possibile  Il punto di partenza sono le sezioni GIAN, penso alla sezione BaldoNatura e Saviore dell’Adamello che hanno soci in possesso di competenze in materia  o perché lavorano in cooperative sociali e lavorano con  persone portatrici di disabilità  (ad esempio Silvia a Saviore  educatrice e Daniela al Baldo ) o perché sono genitori di figli svantaggiati .

Le sezioni citate hanno in essere attività che coinvolgono il terso settore. Ad es. Saviore  con i ragazzi disabili della cooperativa “Il Cardo” di Edolo, BS La sezione del BaldoNatura ha di suo un territorio più fruibile rispetto a Saviore, in entrambi i casi è possibile avviare progetti di fruibilità del territorio e riprodurre l’esperienza formativa vissuta a Vienna con la guida di Cristina e Silvia

La  sezione Sassi Turchini potrebbe essere il nostro prototipo culturale dell’accessibilità e dell’inclusione. Infatti proviene dal mondo dell’associazionismo sociale  (Associazione Volontari Gruppo Elba) e da anni operano, nel loro territorio, con l’obiettivo di organizzare esperienze di vita comunitaria tra giovani e disabili, in coerenza col principio della piena accessibilità, che non deve essere  intesa come mero abbattimento delle barriere architettoniche, bensì come qualcosa di più ampio. L’esperienza  Sassi Turchini racconta che sono le barriere del pregiudizio e dell’indifferenza che devono essere  abbattute, insieme ad una riorganizzazione dell’ambiente, il tutto sotto la guida del direttivo Nazionale. Quello in cui siamo carenti è il lavoro di rete con le associazioni del terzo settore ed in particolar con le associazioni di categoria

ringrazio  per l’opportunità concessa

Antonio

 

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