Il nome creolo, deriva dallo spagnolo criollo (meticcio), a sua volta derivante dal latino creare (allevare). Questo termine viene usato per la prima volta nell’America latina dal sedicesimo secolo per indicare gli individui nati dai portoghesi, in quanto agli occhi degli autoctoni essi erano appunto dei meticci. I linguisti hanno poi adottato il termine creolo per riferirsi a tutte quelle lingue nate da idiomi europei e africani durante il colonialismo. Ne sono esempi il kreyòl ayisyen (Haiti), il maltese e l’afrikaans (Sud Africa).

Il commercio triangolare ha permesso agli europei di ottenere manodopera abbondante e gratuita: ogni anno migliaia di giovani africani venivano deportati in America a lavorare nelle piantagioni. Da una parte si parlava portoghese, spagnolo e olandese, e dall’altra una lingua africana. Nessuno dei due possedeva alcuna conoscenza dell’idioma dell’altro: lingue in comune non ne esistevano, così come il desiderio di apprenderle. Per quanto in questi frangenti non sia stato importante avere conversazioni lunghe e complesse, sarà stato comunque necessario farsi comprendere, il che ha portato alla nascita di una lingua rudimentale e improvvisata, per soddisfare le necessità comunicative giornaliere tra schiavo e padrone. Questa lingua di mezzo viene chiamata pidgin. Un pidgin è una lingua funzionale semplificata all’osso. Presenta un gran varietà di sostantivi e aggettivi, mentre sintassi e morfologia sono quasi inesistenti. Tali “lingue” nascono in situazioni ben definite di contatto linguistico e sono caratteristiche delle zone di mercato, dove il confronto con altre culture e idiomi diversi è costante e intenso.

Il pidgin nasce sulle labbra della prima generazione. In questo contesto, gli schiavi deportati in America svilupparono una forma di linguaggio grezza e povera per soddisfare le necessità quotidiane. Furono i loro figli a trasformarlo in un idioma vero e proprio: venendo esposti ad una lingua “a metà”, priva di una struttura portante e delle rifiniture, la seconda generazione si ritrova a dover riempire i buchi. Il collante che tiene insieme le parole, ovvero sintassi e morfologia, seguono da sé. La trasformazione da pidgin a creolo avviene dunque in maniera assolutamente naturale, con il passaggio da una generazione all’altra.

Negli anni, i creoli hanno dovuto affrontare delle battaglie abbastanza intense per difendere il loro status di lingua. Tuttavia, si tratta di un dibattito superfluo: una lingua diventa lingua a tutti gli effetti nel momento in cui ve ne sono parlanti nativi, ergo, il creolo diventa un idioma nel momento esatto in cui esso nasce. Questo dibattito sbocciò per far fronte alle peculiarità grammaticali di tali lingue, che si discostano molto da quelle europee. Le lingue creole sono lingue molto giovani e particolari, che si distinguono dagli altri idiomi parlati su questo pianeta. Hanno tuttavia tratti in comune tra loro, tra cui la perdita della flessione verbale e l’assenza di una sistema grammaticale, ovvero la suddivisione arbitraria di sostantivi in classi in base al loro genere (femminile, maschile e neutro).

Le lingue creole rappresentano una miniera d’oro per i linguisti, in parte per via della maniera in cui esse vengono apprese e in parte per le loro caratteristiche morfosintattiche. I creoli sono lingue che nascono da genitori piuttosto anziani e, soprattutto nel caso di quelli indo-europei, straripanti di aspetti formali poco utili, quali caso, flessione e genere grammaticale. Il fatto che tali idiomi, nati in situazioni di grandi necessità comunicative, abbiamo naturalmente scartato questi elementi getta luce sulla natura delle lingue e sulla loro possibile evoluzione diacronica.

In primo luogo, è chiaro ed evidente che in momenti di bisogno, la lingua si semplifica da sé: fa tesoro delle parole ricche di significato scartando tutto ciò che è ridondante e superfluo. In sostanza, essa fa economia. Inoltre, le caratteristiche dei creoli ci mostrano anche la natura di una lingua alla nascita, in quanto essi sono l’eccezione in un mondo popolato da idiomi piuttosto antichi. Ciò che i dati sembrano suggerire è che le lingue nascano relativamente semplici e funzionali, per poi acquisire col tempoxz aspetti più formali, privi di materia lessicale.

Tutto ciò ci mostra, ancora una volta, che la lingua è viva e in grado di adattarsi ai cambiamenti in maniera naturale ed economica.

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